Quindi l'estetica, e l'arte ne è la principale espressione, rappresenta tutto ciò che si percepisce dalla società in cui si vive e ne rappresenta l'inconscio, la fantasia, è il divenire o più realisticamente rappresenta uno sguardo sul futuro. Pensiamo al futurismo che ai primi del 900 è stata l'arte del mito della velocità con Marinetti Boccioni e Balla, dell'inno alla tecnologia che poi ha caratterizzato il nostro tempo. Questo mio concetto trova anche spazio nell'estetica hegeliana che come indagine sul bello e sull'!lrte tende a venire assorbita in una teoria generale dello spirito e del suo sviluppo storico, nella quale la stessa esperienza estetica è solo un momento provvisorio, destinato ad essere storicamente superato. Ciò in contrapposizione alle estetiche più moderne, cosiddette critiche, che mettono in discussione la stessa leggittimità dell'idea di arte e di bellezza e quindi del loro ruolo etico. Ho voluto fare questo riferimento perchè appena ho visto le opere di Nicola Falcone ho avuto subito questa sensazione di dinamismo, di velocità, di trasposizione in altri luoghi, che mi hanno ricollegato in parte al movimento artistico del secolo scorso ed al suo superamento. L'originalità è una prerogativa divina. L'uomo non crea nulla, tuttalpiù osserva, prende spunto dall'osservazione della natura, i libri prendono spunto da altri libri, i filosofi si ispirano ad altri filosofi, gli artisti ad altri artisti. Pensate quanto sia difficile distinguere un Simone Martini da Luca Giordano o un Mantegna da un Bellini e si potrebbe conti¬nuare con tanti altri esempi. A mio avviso l'artista deve perseguire nella sua arte non tanto l'originalità ma quanto un linguaggio che lo contraddistingue. Qualcuno mi obietterà che Modigliani è originale con quei colli lunghi, che Picasso è originale con quelle forme così fuori dagli schemi classici, ed allora rispondo con due domande. Ricordate l'arte africana e l'arte azteca? Quante similitudini si possono scoprire tra i linguaggi di questi due grandi artisti e l'arte africana ed azteca? Nicola Falcone ha rivisitato in alcuni quadri il futurismo, ma lo ha reinterpretato con un suo linguaggio personale, sempre onirico e in dissolvenza, in cui le immagini si sovrappongono come se dovessero rappresentare la sua memoria. In Nicola Falcone è presente un simbolismo inserito in quasi tutti i suoi dipinti che fa da sfondo al suo principale punto d'interesse "l'eterno femminino". La donna è sempre al centro della sua opera, della sua attenzione, sembra quasi che sia stato egli stesso l'ispiratore di
Dan Brown per il romanzo "Il Codice da Vinci". Le proporzioni delle figure femminili seguono sempre l'armonia del numero magico del phi, della divina proporzione del nu¬mero di Fibonacci 1,618. La sua tecnica che produce sfondi monocromi, quasi piatti ma ravvivati da un simbolismo sempre immanente, a prima vista potrebbe sembrare frutto del sapiente uso dei colori acrilici, mentre in realtà è pittura ad olio. Quella che Platone chiamava "techne". Le sue donne sono belle, ma non erotiche, simili alle donne di Milo Manara ma spogliate della loro carica sensuale, come pervase da una religiosità, che seppur non confessata, emerge con delicatezza dal subconscio e si concretizza sulla tela, come è ben evidente nei dipinti esposti sul tema della maternità. A mio avviso Nicola Falcone è un autentico femminista, poichè non pone la donna su un piedistallo, incapace di affrontare i pericoli della vita, come avveniva nell'Umanesimo e nel Romanticismo, ma le riconosce una superiorità non solo simbolica. La donna è anche padrona del nostro destino, come le antiche Parche, raffigurate in chiave moderna nella serie dei segni zodiacali, connubio felice di simbologia e tecnica.
Dott. Valerio Baldassarre